07 Oct
07Oct

Un articolo Linkiesta .

Sarah Zhang sull’Atlantic invita a valutare l’impatto sul lungo periodo: si potrebbero eliminare dalle nostre vite il raffreddore, l’influenza e altre patologie che diamo per “scontate” .

La trasmissione del virus tramite aerosol spiegherebbe perché all’aperto le probabilità di contagio si riducono di molti fattori rispetto a spazi chiusi e poco ventilati, e perché una singola persona infetta può contagiare dozzine di altre persone senza parlare loro o toccarle direttamente.

Oppure,  ci si dovrebbe chiedere: «Perché per tanto tempo abbiamo accettato raffreddori e influenze come elementi inevitabili della vita? Lo sono davvero? Perché non riprogettare anche la ventilazione nei nostri edifici per prevenirli?». L’analisi della rivista americana, firmata da Sarah Zhang, parte da un presupposto che guarda al futuro: visto che è improbabile che il SARS-CoV-2 sia la causa dell’ultima pandemia trasmissibile per via aerea della storia, allora le stesse misure che possono proteggerci già oggi – se applicate a dovere – potrebbero proteggerci anche dal prossimo agente patogeno sconosciuto.

Anche qui a Linkiesta abbiamo affrontato il dibattito – lo scorso marzo – con una prospettiva sulla scuola: il problema principale, in Italia, è che difficilmente gli edifici scolastici – così come sono progettati e costruiti oggi – potrebbero garantire il giusto ricambio d’aria. Allora la soluzione a breve-medio termine deve includere una ventilazione forzata, con i macchinari giusti. È chiaro però che si tratta di soluzioni solamente temporanee. In futuro bisognerà pensare tutto diversamente. «Gli edifici moderni hanno sofisticati sistemi di ventilazione per mantenere le loro temperature confortevoli e i loro odori piacevoli: perché non usare questi sistemi anche per mantenere l’aria interna libera dai virus?», si chiede l’Atlantic, che propone un cambio di approccio significativo, che può essere letto anche come un aggiornamento: la necessità di innalzare gli standard minimi di sicurezza sanitaria per gli edifici.

Alla luce di quanto accaduto nell’ultimo anno e mezzo, con milioni di vittime in tutto il mondo e lo spettro di nuovi problemi nascosto dietro la diffusione delle varianti, bisognerebbe chiedersi quanto ancora siamo disposti a sopportare prima di decidere di intervenire alla base.

Vero, i costi potrebbero essere enormi. Ma, come spiega l’Atlantic nella conclusione della sua analisi, l’idea che l’aria che respiriamo in uno spazio chiuso sia un vettore di trasmissione per agenti patogeni potrebbe diventare insostenibile.

VentOsan

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